D'estate non importa se si è adulti/e o bambini/e, in ferie o no, amanti della lettura o no. L'arrivo di questa stagione risveglia la voglia di uscire dalla propria vita e scoprirsi protagonisti/e di altre, in luoghi esotici o semplicemente nuovi. Se poi si ha la fortuna di potersi godere anche solo qualche giorno di relax senza orari da rispettare, distanze da percorrere, visite programmate, escursioni da fare, allora si ha anche l'occasione di potersi immergere nella lettura con la massima libertà, di lanciarsi nelle trame più intricate senza paura di dimenticare i dettagli della storia. Un'occasione che, da buona lettrice, cerco di non farmi mai scappare e a cui mi preparo con molta cura.
Ogni anno la scelta del libro da portare in vacanza inizia con molto anticipo e, vi dirò, fino all'ultimo momento i piani possono cambiare. Quest'anno però avevo abbastanza chiare le idee su "dove andare" una volta in ferie. Ho trovato questo libro per caso, anzi, come spesso succede, è stato lui a trovare me (grazie, tra l'altro, al mio libraio di fiducia). Si tratta di un romanzo basato su una spedizione artica di metà Ottocento, una delle tante che la marina inglese organizzò per aprire il tanto anelato passaggio a Nord Ovest. È in parte una storia vera, anche se, com'è ovvio, pochi sono i dettagli lasciati nei documenti ritrovati a posteriori. L'autore ha abilmente ricucito questa durissima e infelicissima impresa usando il filo del fantastico e trasformando l'insieme di diari di bordo frammentati di una ciurma troppo ambiziosa e ingenua in un'avventura dai toni cupi e violenti al contempo affascinante e agghiacciante. Era da tanto che non leggevo un romanzo ambientato in mare (anche se in questo caso era per lo più ghiacciato) e soprattutto che non leggevo un libro così lungo e denso. Ma ha superato di gran lunga le mie aspettative, tanto che ho faticato a sfogliarne le ultime pagine (chi ama la lettura sa a cosa mi riferisco: a volte è difficile accettare l'arrivo della fine della storia, ci si sente impreparati a lasciar andare quel mondo).
Insomma, nonostante le ferie calde e più corte del solito, quest'anno sono tornata al lavoro col ghiaccio abbagliante negli occhi, l'odore della salsedine e del corpo umano castigato dalla fatica e dalle intemperie nel naso, il sapore del rum e della marmellata gelosamente centellinata tra un pasto in scatola e una galletta ammuffita in bocca e la meraviglia dell'aurora boreale nella mente. Sento un insolito brivido provocato da freddo misto a paura quando ricordo le afose giornate di agosto in cui, nel silenzio tranquillo della spiaggia, il vento ghiacciato mi sferzava il viso nel buio costante della notte artica.
Sarebbe bello poter associare ad ogni estate passata l'avventura letta in un libro. Ne ricordo solo alcune purtroppo: la prima, senza dubbi, raccontata dalla voce paziente di mia madre nel lettone affianco a me, alla luce gialla della lampada del comodino, col rumore del mare che entrava dalla porta-finestra. Un'avventura fatta di lontre, civette e scoiattoli, fra boschi e fiumi sotto il cielo notturno della natura selvaggia. E poi, come no, la prima che mi sono raccontata da sola, un'estate in viaggio con "Il Battello a Vapore", nel silenzio pomeridiano di casa quando tutti erano al mare e con una scusa riuscivo a restare sola per un po'. Fino a quell'agosto in cui conobbi un ragazzino di nome Harry Potter, che aveva molto più che poteri magici e che mi ha fatto compagnia in tante e tante altre avventure negli anni a seguire. E poi i gialli, le leggende di pirati, le letture obbligatorie del liceo (chissà come sono riuscita a finire "Il trionfo della morte" d'estate in piena adolescenza).
La mia proposta allora è di riuscire negli anni a venire a ricordare i libri che accompagneranno le mie estati, partendo da questo lungo romanzo, che consiglio a chi si sente temerario/a e ha voglia di mettersi alla prova e sfidare le pagine (786), il gelo, la fame, la stanchezza, la paura.. e scoprire quanto lontano possiamo arrivare.